Un caso unico nella storia della Resistenza, segna una relazione del tutto straordinaria tra guerra di liberazione e movimento sindacale, che va ben oltre la già generosa partecipazione delle fabbriche biellesi agli scioperi del ‘43 e del ‘44.
Il “contratto della montagna” è l’unico accordo sindacale gestito in clandestinità tra delegazione industriale e sindacato libero, che sfida gli occupanti nazifascisti e anticipa le relazioni sindacali dell’Italia post bellica.
La vicenda si snoda su un percorso strettamente sindacale, con un accordo siglato nella zona liberata di Postua che poi si estende in Valle Sessera ed infine, con le trattative in località Quadretto, assurge alle inedite dimensioni di contratto integrativo dell’intero territorio biellese. Il ruolo delle formazioni partigiane è strettamente limitato a funzioni di protezione militare delle delegazioni trattanti.
Non meno significativi i contenuti dell’accordo: oltre al diritto di organizzazione sindacale nella fabbrica, a condizioni salariali e di orario di miglior favore rispetto ai contratti nazionali allora vigenti, si riconoscevano per la prima volta alcuni principi fondamentali per le donne lavoratrici: la tutela della maternità con il relativo congedo di tre mesi (che all’atto della ratifica diventeranno sei), il principio della parità salariale, le 40 ore settimanali. L’accordo venne rinnovato dalle parti nell'Agosto 1945 a Palazzo Oropa Queste condizioni di miglior favore delle donne biellesi non riuscirono a sopravvivere nei contratti nazionali e neppure negli accordi integrativi locali del primo ventennio del dopoguerra.
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